Il rumore della pioggia nel pomeriggio. Le cicale a luglio in un campeggio. Il suono del traghetto che entra in porto. La frenata prima del botto.
La sirena dell'ambulanza in avvicinamento; quella che si sente in guerra guardando in alto. L'urlo della folla in uno stadio. Il rumore della vita.
Io non suonerò mai così. Posso giocare, intrattenere, far tornare il buonumore o lacrimare. Ma non suonerò mai così. Non è solo cosa diversa, è una battaglia persa: alzo le mani.
Il telefono che squilla quando lo aspetti. Le dita di mio padre sulla sua Olivetti. Il cannone del Gianicolo a mezzogiorno. La serratura, al tuo ritorno.
La campanella che suona il tram quando riparte; quella che in un attimo svuota la classe. Il respiro di un bambino lieve. Il silenzio della neve.
Io non suonerò mai così. Posso giocare, intrattenere, far tornare il buonumore o lacrimare. Ma non suonerò mai così. Non è solo cosa diversa, è una battaglia persa: alzo le mani.
E poi capita che un suono sbatta addosso come un vento di cristallo, che si aggrappa a una follia, prigioniero dello stallo come un mare. E come l'albero d'autunno lascia foglie sull'asfalto ad ammucchiarsi contro i muri. Chi si arrende, senza sonno, senza scorie, senza volti, quella sfilza di respiri.
Io non suonerò mai così. Posso giocare, intrattenere, far tornare il buonumore o lacrimare. Ma non suonerò mai così. Non è solo cosa diversa, è una battaglia persa: alzo le mani.