Io che ho doppiato tre volte Capo Horn e ho navigato sette volte i sette mari e ho visto mostri ed animali rari, l’anfesibena, le sirene, l’unicorno. Io che tornavo fiero ad ogni porto dopo una lotta, dopo un arrembaggio, non son più quello e non ho più il coraggio di veleggiare su un vascello morto.
Dov’è la ciurma che mi accompagnava e assecondava ogni ribalderia? Dov'è la forza che ci circondava? Ora si è spenta ormai, sparita via.
Guardo le vele pendere afflosciate con i cordami a penzolar nel vuoto, che sbatton lenti contro le murate con un moto continuo, senza scopo.
E vedo in aria un’insensata danza di strani uccelli contro il cielo bigio cantare un canto in questo mondo grigio, un canto sordo ormai, senza speranza. E qui da solo penso al mio passato, vado a ritroso e frugo la mia vita, una saga smarrita ed infinita di quel che ho fatto, di quello che è stato.
Le verità non vere in cui credevo scoppiavano spargendosi d’intorno, ma altre ne avevo e giorno dopo giorno se morivo più forte rinascevo. E ora son solo e non ho più il conforto di amici andati e sempre più mi assale la noia a vuotar l’ultimo boccale come un pensiero che mi si è ritorto.
Ma ancora farò vela e partirò io da solo, e anche se sfinito, la prua indirizzo verso l’infinito che prima o poi, lo so, raggiungerò.
L’Ultima Thule attende al Nord estremo, regno di ghiaccio eterno, senza vita, e lassù questa mia sarà finita nel freddo dove tutti finiremo.
L’Ultima Thule attende e dentro il fiordo si spegnerà per sempre ogni passione, si perderà in un’ultima canzone di me e della mia nave anche il ricordo.