Johann Christian Bach. La tempesta, cantata dramática W.G16
No, non turbarti, o Nice; io non ritorno a parlarti d'amor. So che ti spiace; basta così. Vedi che il ciel minaccia improvvisa tempesta: alle capanne se vuoi ridurre il gregge, io vengo solo ad offrir l'opra mia. Che! Non paventi? Osserva che a momenti tutto s'oscura il ciel, che il vento in giro la polve innalza e le cadute foglie. Al fremer della selva, al volo incerto degli augelli smarriti, a queste rare, che ci cadon sul volto, umide stille, Nice, io preveggo... Ah non tel dissi, O Nice? ecco il lampo, ecco il tuono. Or che farai? Vieni, senti; ove vai? Non è più tempo di pensare alla greggia. In questo speco riparati frattanto; io sarò teco.
Ma tu tremi, o mio tesoro! Ma tu palpiti, cor mio! Non temer; con te son io, né d'amor ti parlerò. Mentre folgori e baleni, sarò teco, amata Nice; quando il ciel si rassereni, Nice ingrata, io partirò.
Siedi, sicura sei... siedi e respira. Ma tu pure al mio fianco timorosa ti stringi... Rovini il cielo, non dubitar, non partirò. Bramai sempre un sì dolce istante. Ah così fosse frutto dell'amor tuo, non del timore! Ah lascia, o Nice, ah lascia lusingarmene almen. Chi sa? Mi amasti sempre forse fin or. Fu il tuo rigore modestia, e non disprezzo; e forse questo eccessivo spavento è pretesto all'amor. Parla, che dici? M'appongo al ver? Tu non rispondi? Abbassi vergognosa lo sguardo! Arrossisci? Sorridi? Intendo, intendo. Non parlar, mia speranza; quel riso, quel rossor dice abbastanza.
E pur fra le tempeste la calma ritrovai. Ah non ritorni mai, mai più sereno il dì! Questo de' giorni miei, questo è il più chiaro giorno Viver così vorrei, vorrei morir così.