Assisa a' piè d'un salice, immersa nel dolore, gemea traffita Isaura dal più crudele amore: L'aura tra i rami flebile ne ripetva il suon. I ruscelletti limpidi a' caldi suoi sospiri, il mormorio mesceano de' lor diversi giri: L'aura fra i rami flebile ne ripetva il suon. Salce d'amor delzia! Ombra pietosa appresta, di mie sciagure immemore, all'urna mia funesta; nè più ripeta l'aura de' miei lamenti il suon.
Che dissi! . . . Ah m'ingannai! . . .Non è del canto questo il lugubre fin. M'ascolta . . .
[ Un colpo di vento spezza alcuni vetri della finestra. ]
Oh Dio! Qual mai strepito è questo! Qual presagio funesto!
EMILIA Non paventar; rimira: Impetuoso vento è quel, che spira.
DESDEMONA Io credeva che alcuno . . . Oh come il Cielo s'unisce a' miei lamenti! . . . Ascolta il fin de' dolorosi accenti.
Ma stanca alfin di spargere mesti sospiri, e pianto, morì l'afflitta vergine ahi! di quel salce accanto. Ma stanca alfin di piangere morì . . . che duol! l'ingrato . . . Oimè . . . ma il pianto prosebguir non mi fa. Parti, ricevi da' labbri dell'amica il bacio estremo.
EMILIA Oh che dici! Ubbidisco . . . oh come tremo!