Caro dottore, solo ora le scrivo Perché ho padronanza dell'essere vivo, Ma, caro dottore, quest'è un illusione, Un riflesso dovuto alla mia condizione Di uomo per forza, di uomo malato, Che pecca sapendo d'avere peccato, Ma a quest'illusione non sono restìo, Avendo subìto le scelte di dio.
Caro dottore, le pongo un quesìto, Un'ingenua speranza di esser capito, Ma, caro dottore, perché questo cuore Batte e ribatte senza alcun pudore Di chi ormai ha perso e mai s'è arreso, Vittima del proprio corpo indifeso, Mentre io ora soffro una diagnosi ambita, Esser malato soltanto di vita? Soltanto di vita.
Mi ricordo pecora, senza più peli, Mi furono tolti come impuri e infedeli, La doccia forzata e quel tanfo acre Di chi disinfetta anche le parti sacre. Il bruciore dei pori gonfi' gli occhi e la bocca Nel non riconoscersi quando ci si tocca, E il colore dell'alba fu di ocra pastiglia, Ma almeno per piangere mi lasciaron le ciglia. Mi lasciaron le ciglia.
Caro dottore, m'accorgo felice Per ci' che mi ha inciso nella cicatrice, Sa, caro dottore, in quest'aspra ferita C'è un monito sacro a viver la vita E ne sono fiero e ne sono affetto, Un solco perenne tracciato sul petto, In questa bruttura rifratta allo specchio C'è la bellezza di diventar vecchio. Un po' più vecchio.
Mi ricordo preda di un gelido letto Oppresso dai colpi soffocati nel petto, Ad un cuore fiacco, enorme e deforme, Imposero plastica a ci' che fu di carne. A stento la voce si tingeva di suoni Intrisa dell'acqua che gonfiava I polmoni E il color della sera fu di rosso costato, Ma neanche per piangere mi lasciarono il fiato. Mi lasciarono il fiato.
Caro dottore, solo ora le scrivo, Per ringraziarla perché sono vivo Ma, caro dottore, fra ticchettìo, Meccanica, plastica e scelte di dio Mi resta la grazia ma anche desolazione, Perché nella gioia dell'atto d'unione Non ricordo più il battito del mio cuore E che suono aveva, L'amore.