Quando Rinaldo invitto Armida abbandonò, Sentendo il cor trafitto Per duolo ella mancò. Tal piaga sentì, Tal doglia soffrì, Che in tanta pena suo desir fù Non viver più. Con mille ohimè dolenti I lidi ella ferì, E in questi amari accenti L'acerba doglia aprì: "Hor dunque da me Vuoi volgere il piè? Hor dunque il cielo Mirar potrà Tua crudeltà? Perfido, mancatore: Sia maledetto il dì Che coi suoi sguardi Amore Il petto mi ferì. Diversa mercè Sperò la mia fe, E provo -- ahi lassa -- Tua ferità Senza pietà." Ciò detto, ella oprò poi Sua magica virtù: E agl'incanti suoi Pluto ubbidiente fù. Il sol s'oscurò, la terra tremò E d'atre nubi, velando il dì, Ella sparì.